Il parto

09.06.2020

Apriti, lascia che le tue ossa diventino chiare come gocce d'acqua, come vento di terra, permetti, che le tue anche riflettano il latte della Galassia e che dal cuore sgorghi il nutrimento per la creatura celeste che sta entrando nel tuo mondo. Entra nella spirale che mordendoti ti ha dato la vita, entra, coraggio, senti lo sguardo del serpente che dall'alto di ogni sua stella ha vegliato su di te, mentre non c'eri.

Apriti con tutta la forza che hai per dare alla luce ciò che viene dal buio, ciò che ha attraversato dimensioni di sale, di fuoco, di sabbia per arrivare da te, là dove non c'era il respiro, là dove non c'era il corpo, dove la coscienza si ricorda, come in uno specchio, la vicinanza con la fonte più antica delle incarnazioni, che vibra solo nell'Amore.

Apriti, senza esitazioni, senza più doppi messaggi, non tornare nei solchi che le ere di solitudine e separazione hanno lasciato nella mappa della tua anima senz'acqua, quello che sta per sgorgare dal tuo petto disseterà i deserti che vivono di polvere, facendo ritornare le profondità e la protezione degli abissi dove sei rimasta intrappolata ed esposta alle luci che ti hanno prosciugata e resa arida.

Apriti, invece, alle luci che ti dissetano e ti nutrono, non puoi sbagliarti, le doglie del parto ormai non puoi ignorarle, abitale fino in fondo, non sono quello che credi. Non sono come ti hanno raccontato, perché ciò che sta per nascere è così nuovo che solo quelli che tu chiami Angeli ne sono stati testimoni.

Apriti, non farti chiudere dalla paura, ascolta il mare, lascia che il mare ti calmi, le creature degli abissi ti conoscono e ti guideranno, sarà senza dolore, sarà nell'estasi e nella coralità e mentre ti apri ricorderai cosa vuol dire nascere due volte, nascere e partorire insieme, figlia e madre di te stessa. 

Apriti, il tuoi corpi si stanno preparando, perché tutti i tuoi livelli di vibrazione si apriranno affinché il canale sia libero, sia puro, sia la tua verità, il canale più intimo, quello in cui l'unione va oltre la forma incarnata e non la distanza non esiste. Avverrà nel tuo respiro, puoi chiamarla speranza, o  intuizione, una coscienza dell'andare, del venire, del tornare. Semplice, come il guscio che si apre grazie al calore, alla presenza che lo chiama fuori, sono io, sono io quella presenza.