Parthenos

02.08.2022

Come gli aghi di pino nella notte cadi dalle stelle senza far rumore, io vedo solo il tuo volto verde mare scintillare mentre appare e scompare tra i rami dell'albero a spirale. Con le tue dita affusolate tessi ghirlande di spighe dorate, lasci così a me intatto il silenzio della Nuova Luna, per scegliere il respiro giusto e poter ricominciare. 

Quale ciclo di vita tieni in serbo per me, Parthenos, che arrivi dal cielo come manna nascosta dentro al fiore ancora chiuso?

Goccia dopo goccia mi inebrio di questo tuo lento tornare, questo incedere dondolante tra monti misteriosi, valli parlanti e cumuli di paglia che sono i nostri giacigli per osservare il lento soffiare del tempo.

Ci accendiamo così, come spiragli di luce nella gabbia scura, come se il piccolo mondo e il grande fossero ormai solo ricordi lontani dell'epoca della separazione. Ci accendiamo come meteore perché abbiamo ricordato cosa vuol dire Amare senza condizioni, amare l'istante senza voler cogliere l'intreccio della prosa, Amare la fine tanto quanto l'inizio.

Il tuo volto è un porto per il mio viaggio senza rotta, il tuo sguardo fa e disfa la mia forma passeggera, è un riparo dalla tristezza che genera il cuore gelido di chi ha perduto la propria umanità e vaga nella paura senza sosta.

Mentre guado questo fiume stanco, rallentato dalla melma del conflitto e della dissonanza, sento cantare le ossa, ma non sono voci, sono versi di animali, è la roccia che respira, è l'albero che sogna, è la conchiglia che ricorda.

Per questo posso accorgermi del bagliore che precede ogni passaggio e del presagio: perché nel mio corpo cresce il tuo disegno.